Lunedì 30 Settembre 2019

L’inquinamento è oggi il quinto fattore di rischio di mortalità del nostro pianeta, dopo ipertensione arteriosa, fumo, iperglicemia e ipercolesterolemia come sottolineano le ricerche “Global Burden of Disease”, pubblicata a maggio 2017 da Lancet, e “Air Pollution and Mortality in the Medicare Population”, pubblicata a Giugno 2017 dal New England Journal of Medicine. In queste ricerche, per la prima volta, viene analizzato il tema dell’impatto di due importanti inquinanti, il PM 2.5 e l’ozono: gli studi hanno stimato che la mortalità da PM 2.5 costituisce ormai il 7.6% della mortalità totale mondiale mentre l’esposizione all’ozono ha contribuito a circa l’8.0% della mortalità da malattie polmonari croniche nel 2015, con Italia, Cina, India e USA tra i paesi con i tassi di mortalità più elevati.

Inoltre, un recente studio ("Cardiovascular disease burden from ambient air pollution in Europe reassessed using novel hazard ratio functions"), pubblicato sulla rivista "European Heart Journal", suggerisce che gli impatti sulla salute attribuibili all'inquinamento atmosferico in Europa sono sostanzialmente più alti di quanto si pensasse in precedenza. Secondo le stime effettuate in tale studio, in un anno come il 2015, l’eccesso di inquinanti nell’aria ha causato 8,8 milioni di morti in più nel mondo, 790.000 in Europa, e 659.000 nell’Unione Europea: per l'Europa significa il doppio delle morti rispetto alle valutazioni epidemiologiche precedenti. Ad aumentare è soprattutto il rischio di malattie cardiovascolari e polmonari, e il principale responsabile è il particolato fine.

Il Parlamento e il Consiglio Europei hanno adottato in via definitiva una direttiva per imporre agli Stati membri limiti nazionali di emissione più rigorosi per i principali inquinanti atmosferici; la nuova direttiva ha l’obiettivo di abbassare entro il 2030 la quantità di elementi inquinanti nell’atmosfera sotto i livelli del 2005 per ridurne i rischi sanitari e gli impatti sull’ambiente. Grazie a questa direttiva il numero di decessi prematuri dovuti all’inquinamento atmosferico nell’UE dovrebbe ridursi circa del 50% circa nel 2030 (rispetto al 2005). Le emissioni inquinanti provocano effetti negativi non solo sul piano locale e nazionale, ma anche su scala mondiale, contribuendo significativamente ad incrementare l’effetto serra, causato dalla crescente massa di anidride carbonica rilasciata in atmosfera. Questa crescita sta determinando un aumento generalizzato della temperatura del pianeta e a causa anche dell’aumento dei livelli atmosferici di altre sostanze inquinanti (come i clorofluorcarburi e recentemente sembra anche il diclorometano, quest’ultimo non controllato dal protocollo internazionale di Montreal volto a ridurre la produzione e l'uso delle sostanze che minacciano lo strato di ozono stratosferico) ha favorito la riduzione dello strato di ozono che circonda la terra (riduzione dell’ozonosfera) causando un minore assorbimento delle radiazioni solari nocive per la salute (in particolare la radiazione UVB) prima che raggiungano la superficie terrestre. Tale situazione, inoltre, ha ripercussioni dirette anche sulle condizioni microclimatiche soprattutto in ambiente urbano a causa del fenomeno aggravante denominato isola di calore urbana (Urban Heat Island), che favorisce una maggior frequenza, intensità e persistenza di fenomeni meteorologici “estremi”, tra cui periodi particolarmente prolungati con temperature elevate e vere e proprie ondate di calore. Da ricordare quelle di recente osservate durante l’estate 2017, che hanno avuto ripercussioni importanti sulla popolazione e in particolare sui soggetti maggiormente esposti e più vulnerabili.

Per monitorare lo stato di salute dell’aria ambiente, i livelli di qualità dell’aria sono stati stabiliti e regolamentati con accordi bilaterali, direttive in ambito comunitario e trattati internazionali (recepiti in tutto o in parte dalle singole nazioni attraverso politiche e programmi in materia ambiente). In tali accordi le concentrazioni di inquinanti in atmosfera sono state classificate in base al confronto con valori limite e valori guida, definiti a livello nazionale.

In Italia, le regioni, anche attraverso le Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale (ARPA), hanno il compito di verificare e monitorare che tali valori non vengano superati, di elaborare “piani di risanamento e tutela della qualità dell’aria” che indichino le azioni da svolgere, di preparare piani di mitigazione e, infine, indicare le cautele da adottare per tenere sotto controllo e possibilmente migliorare la situazione attuale.